
Abbiamo già scritto che, quando tutto sarà finito, sarebbe una tragedia tornare alla normalità di prima, perché prima nulla era normale. Ma, se non ci diamo da fare per convincere un po’ di gente, riaprirà presto quel gigantesco manicomio dove un 99,9 per cento di matti che si credono sani tratteranno da matti lo 0,1 per cento di sani.
Ieri, tanto per cambiare, Repubblica celebrava se stessa (“Che cos’è Repubblica e perché ci attaccano”) con la scusa di celebrare il fondatore Scalfari che compiva 96 anni (a proposito, auguri, Eugenio). Purtroppo l’autopompa era sormontata da un titolone a tutta prima pagina: “La prima cosa bella”. Dove la prima cosa bella erano gli appena 525 morti e 4.316 contagiati del giorno prima. Persino Libero aveva un titolo più azzeccato: “La domenica delle salme”. Una prece.
Intanto, sul Corriere della Sera, il direttore Luciano Fontana, brava persona e ottimo giornalista, si augurava pensoso che “questa crisi chiuda l’èra dell’incompetenza”. E ripeteva la giaculatoria con cui gli establishment si autoconsolano per non averne mai azzeccata una: quella secondo cui il coronavirus segnerebbe la sconfitta dei “populisti” (per definizione “incompetenti”, “impreparati” e “improvvisati”) e la rivincita dei “competenti” (per definizione: le classi dirigenti al potere nel mondo fino a un paio d’anni fa). La prova? Adesso “pendiamo dalle labbra di medici e scienziati” e “riscopriamo quanto sia importante la formazione, la ricerca, la competenza”. Ora, che nel pieno di una pandemia, tutti ascoltino i medici e gli scienziati, non è una grande scoperta e neppure una grande novità: per lo stesso motivo, quando c’è una crisi finanziaria come quella partita nel 2008, si ascoltano gli economisti; e, quando esplodono guerre e offensive terroristiche come dopo l’11 settembre, si ascoltano strateghi militari e studiosi di geopolitica. Il guaio è che gli economisti non avevano previsto la crisi finanziaria del 2008; strateghi e geopolitologi non avevano previsto né l’11 settembre, né al Qaeda, né l’Isis; e medici e scienziati non han previsto (salvo alcuni, ma molto vagamente in base ai cicli storici) la pandemia del 2020 e ora che ci siamo dentro non hanno la più pallida idea di come uscirne. Basta sentirli parlare di mascherine, tamponi, test ematici, vaccini e terapie per capire che brancolano nel buio (come ammettono i più intellettualmente onesti) e la pensano l’uno diversamente dall’altro. Se ogni Regione va per conto suo non è solo perché i “governatori”, da quando li chiamiamo così, si credono tutti Napoleone.
Ma anche perché ciascuno è consigliato da scienziati che seguono ricette opposte. Il che rende sommamente ridicole tutte le task force anti-fake news, da quella della Rai a quella messa su dal sottosegretario all’Editoria Andrea Martella contro le bufale sul coronavirus (comicamente solo quelle del web e dei social, forse per evitare la serrata generale di tv e giornaloni). Fontana percula poi i “populisti” Trump e Johnson, che se lo meritano ampiamente. Ma quando scrive che “Germania e Francia non hanno pensato per molti giorni che il virus fosse prima un ‘affare cinese’ e poi prevalentemente italiano” potrebbe ricordare che Macron e Merkel, a dir poco ritardatari sul Covid-19, sono fra i pochissimi governanti europei “competenti” per definizione, nati e cresciuti nel vecchio establishment a cui tutti si sono sempre scappellati. E quando rammenta che alla fine “anche i governi più scettici sono stati costretti a prendere misure identiche alle nostre” sta parlando delle misure di Conte, che si definì “avvocato del popolo” e si vantò del suo “populismo” (sia pure nella forma temperata, educata e – diciamolo pure – “competente” che ora molti gli riconoscono).
Se poi uno va a vedere cosa dicevano ieri e cosa dicono oggi i “competenti” – anche del Corriere, da Monti a Fubini, da Giavazzi ad Alesina agli altri occhiuti gendarmi delle regole Ue – su austerità, rigore, Patto di stabilità, debito, deficit e potestà o meno della Bce di stampare euro, potrebbe financo dedurne che i veri competenti fossero Grillo, Di Maio, Di Battista, Fassina, Bagnai e chiunque abbia sentito parlare di Krugman e Stiglitz, ai quali tutti oggi danno ragione. Invece la Confindustria che, tanto per cambiare, dà lezioni al governo sulla ripartenza, dovrebbe tacere, visto che s’è opposta fino all’ultimo al lockdown dell’Italia e addirittura della Val Seriana che già aveva 9mila contagiati quando il presidente degli industriali lombardi delirava su Radio1 di “abbassare i toni e far capire all’opinione pubblica che la situazione si sta normalizzando”. E chi ora invoca helicopter money, versamenti sui conti correnti di tutti, redditi di sussistenza, mega-investimenti nello Stato sociale e nella sanità pubblica cosa sarebbe, un “competente”? I competenti erano quanti lo dicevano prima, purtroppo inascoltati dai troppi incompetenti travestiti da competenti che tagliavano posti letto, compravano F-35, imponevano follie come il Tav Torino-Lione e non volevano saperne neppure del Reddito di cittadinanza (ora benedetto da quasi tutti). Quindi chi vuole una vera “normalità” faccia la cortesia: o continua a dire quel che diceva prima, anche se non va più di moda; o, se ribalta le sue idee di 180 gradi, ammette di essersi sbagliato fino all’altroieri e chiede scusa, o almeno si leva dalla faccia quell’arietta da so-tutto-io che non si confà a chi non ne ha mai azzeccata una. Se nel mondo d.C. (dopo Covid) cambierà tutto, l’autocritica sarà richiesta a tutti, ma un po’ meno ai “populisti” che agli anti. I giochini del tipo “i competenti sono i miei amici e gli incompetenti tutti gli altri” non attaccano più.
Fonte: Il Fatto Quotidiano – L’editoriale di Marco Travaglio