Bisogna restare calmi e sostenere il governo, patriotticamente. Ma il governo deve dimostrarsi patriottico, anche al di là di quello che sta già facendo. Direi che debba anche cominciare a usare quella parola, patriottico, definendo la resistenza contro il coronavirus una grande guerra patriottica, Velikaja Otečestvennaja vojna, come i russi definirono il secondo conflitto mondiale, in un’epoca in cui la sinistra non era ancora liberal e liberista e non aveva paura di definirsi nazionalista. In quanto la posta in gioco in questa strana pandemia con ancora poche vittime ma gigantesche conseguenze sociali (non tutte negative) e immensi danni economici, è lo Stato. E allora una proposta: perché non esporre il tricolore davanti a ogni ospedale, a ogni struttura pubblica approntata per aiutare gli italiani a superare questa emergenza? A ricordare chi è che nei momenti di difficoltà pensa ai cittadini e non ai propri interessi, come invece gli speculatori delle Borse.
Se il coronavirus fosse emerso cinquant’anni fa sarebbe stata una cosa molto diversa. C’era ancora l’Unione Sovietica e il comunismo faceva paura; di conseguenza il capitalismo aveva ancora bisogno degli Stati, anche se socialdemocratici. Per cui i sistemi sanitari, in Italia come in Gran Bretagna e altri paesi, erano sovradimensionati (la percentuale di laureati in medicina e di medici praticanti era altissima), e così gli apparati statali, incluse le forze armate (utilizzabili nelle emergenze), a segnalare un benessere diffuso. Ancora più importante, i paesi sviluppati avevano una notevole autosufficienza produttiva e inventiva: l’Italia aveva un’importante industria farmaceutica e meccanica ed era all’avanguardia nelle nuove tecnologie. Se servivano respiratori, poteva moltiplicarne la produzione. A questo porta la preminenza dello Stato.
Il neoliberismo ha messo in ginocchio lo Stato e il settore pubblico, intenzionalmente. Se il coronavirus è una minaccia globale è perché negli ultimi vent’anni i miliardari e le loro multinazionali hanno sottratto agli Stati enormi ricchezze e risorse. Pensate a Italo: vi pare logico che possa competere con le Ferrovie dello Stato benché operi solo sulle tratte più redditizie e se ne freghi dei collegamenti meno importanti, che pure devono o dovrebbero essere assicurati? O che le autostrade, costruite a spese dei contribuenti, vengano regalate ai Benetton? Così la sanità privata.
Conte e il suo governo devono rendersi conto che la serrata non può continuare a lungo; va benissimo se serve per guadagnare tempo e nel frattempo approntare nuovi ospedali con decine di migliaia di posti di terapia intensiva, in modo da poter assorbire un picco di malati bisognosi di aiuto. Una volta che si fosse pronti, il paese deve ripartire. Con nuove regole, con un nuovo spirito di solidarietà, ma deve ripartire. Serve un nuovo New Deal, patriottico.
I liberisti ostacoleranno tutto questo. Loro stanno aspettando il vaccino e nel frattempo si salvi chi può (il liberista Boris Johnson lo ha detto apertamente: “abituatevi a perdere i vostri cari”, in particolare i più deboli, poveri e sfortunati). Per non cedere neanche un centimetro del potere e dei privilegi accumulati. Per non far rinascere la sanità pubblica, per non rafforzare lo Stato, per non far rinascere una solidarietà e un desiderio di beni comuni che annienterebbero l’omogeneizzazione globalista e multiculturalista che perseguono. Anzi, proveranno ad approfittare di questa emergenza per prendersi di più. Me lo immagino: tutto virtuale, a distanza, solo Amazon, Uber, Starbucks e le grandi catene commerciali, a garantire la salute pubblica. È in gioco il nostro modello di società. Il M5S e il governo Conte devono farsene paladini, apertamente, e la gente deve sostenerli. Lo so che ci sono immensi ostacoli, a cominciare dai media e dal consumismo compulsivo; ma bisogna lo stesso provarci, lottare. Pessimismo della ragione, ottimismo della volontà e dell’impegno. Perché se perdiamo ci aspettano mille anni di Quarto Reich liberista.
PS Quello dell’immagine è l’ospedale di Senigallia, nelle Marche; il tricolore fu issato nel 2011 per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia; sarebbe ora di esporlo di nuovo, in tutti gli ospedali e strutture pubbliche, a segnalare la differenza rispetto a quelle private e a quelle in mano a corporation straniere.