Conte ha affrontato gli operai dell’Ilva perché è un cittadino come loro. Un cittadino che sta servendo il proprio paese per qualche tempo. Conte non è un politico di professione, non è un potente vecchia maniera. Non ha secondi fini o interessi occulti da difendere. Non ha correnti o lobby a cui rendere conto. Non ha paturnie ideologiche e nessuna responsabilità nella crisi dell’Ilva che si trascina da decenni.
Conte è un cittadino che si è sentito anche umanamente toccato da quella che è una gigantesca emergenza aziendale ma anche una straziante crisi umanitaria e ambientale. Il cittadino Conte ha deciso di dare un segnale forte facendo quello che i suoi predecessori non si sono mai degnati di fare anche perché altrimenti sarebbero finiti male. È entrato in fabbrica. Senza scorta e senza cravatta. Cittadino tra cittadini. Tra forni e animi accesi, Conte si è guardato bene di annunciare ricette salvifiche o riempirsi la bocca di promesse a vanvera come avrebbe fatto un vecchio politicante. Ha invece voluto comunicare vicinanza, disponibilità all’ascolto e rassicurare tutti che lui e l’istituzione che rappresenta sono determinati a trovare una soluzione. C’è un problema e va affrontato al più presto. Punto e basta. Niente spettacolo per qualche voto in più. Serietà. Conte si è limitato a ribadire come sia inaccettabile il conflitto tra diritto al lavoro e diritto alla salute. E cioè non ha senso che un padre di famiglia sia costretto a lavorare in condizioni pericolose pur di mettere qualcosa nel piatto ai propri figli, se poi muoiono tutti avvelenati. Non ha senso.
La crisi dell’Ilva è simbolica dei mali del nostro tempo. Da una parte enormi interessi economici in mano a pochissimi individui senza volto e senza cuore, dall’altra la vita di migliaia di poveri cristi e d’interi territori. Diseguaglianza. Ingiustizia. Il cittadino Conte ha fatto appello al sistema Italia perché rimanga unito per una volta. Perché se crisi come quelle dell’Ilva si sono trascinate per così tanti anni, è anche colpa delle guerre intestine che hanno finito per fare il gioco di coloro che hanno messo sempre prima il profitto. Anche prima delle vite umane. Entrando in fabbrica, il cittadino Conte ha fatto capire da che parte sta. Per una volta nessuno deve temere giochi sporchi di palazzo o deleterie scorciatoie. Un cittadino al servizio di altri cittadini.
Da Roma gli hanno fanno eco gli sciacalli della vecchia politica e i loro servi dei giornali che da giorni stanno lucrando su questa emergenza per colpire Conte e tutto il governo. Loro che non hanno risolto mai nulla, oggi spacciano ipocrite soluzioni. I soliti buffoni. Il solito vecchio e incorreggibile regime che da tempo ha preso di mira il cittadino Conte. Troppo libero, troppo cittadino. Vogliono uno di loro, anche il solito ciarlatano purchè gli permetta di ricomnciare a comandare. Conte ha fatto intuire chiaramente che la situazione a Taranto è tale che va salvato il salvabile. I franco-indiani se ne vogliono andare. È scoppiata una crisi internazionale dell’acciaio e non gli tornano i conti. Di tutto il resto non gliene frega nulla. Conte ha garantito che il governo si farà rispettare, ma tutte le opzioni sono sul tavolo. Nessuna certezza. Tranne che il cittadino Conte è tornato a Roma e si è rimesso al servizio esclusivo della collettività. Cittadino tra cittadini.
Tommaso Merlo
Fonte: Il cittadino Conte all’Ilva