
La prima volta che ho sentito accusare questo governo di “non avere un’anima”, precisamente da Massimo Gramellini e Alessandro De Angelis all’unisono nello studio di Otto e mezzo, ho superato un iniziale moto di stupore e ho lasciato perdere, come si fa con gli amici che hanno mangiato pesante. Ora però che, in rapida successione, ieri e l’altroieri mi sono imbattuto in due editoriali su Repubblica nientemeno che di Ezio Mauro e di Stefano Folli rispettivamente intitolati “L’agonia di un’alleanza senz’anima” e “Un governo senza più anima”, ho cominciato a preoccuparmi. Quando la teologia fa irruzione nella politica, la situazione dev’essere molto più grave di quella – già pesantuccia – che appare. Intendiamoci. Lungi da noi sottovalutare l’importanza dell’anima, che da millenni impegna le principali culture e religioni dell’umanità. Intorno alla sua esistenza, forma, sostanza e destinazione si sono accapigliati teologi, filosofi, papi, vescovi, intellettuali, aperti e chiusi concilii tutt’altro che ecumenici, lanciati anatemi e scomuniche, consumati scismi, bruciati eretici, messi all’indice gnostici, combattute guerre sante. Ma si dava per scontato che ogni eventuale anima fosse saldamente agganciata a ciascun corpo umano.
Ora, all’improvviso, scopriamo da queste anime candide che anche i governi devono averne assolutamente una, altrimenti le mejo firme del bigoncio si incazzano. E qui la questione si fa spessa e l’affare s’ingrossa. Già questo governo, un po’ come tutti del resto, ha le sue belle gatte da pelare: la maggioranza dei Malavoglia (copyright Antonio Padellaro), il marasma dei 5Stelle, l’anemia del Pd, le mattane di Renzi, i sondaggi di Salvini, l’Umbria, l’Emilia Romagna, il debito pubblico e tutte le deliziose eredità del passato, giù giù fino all’Iva e l’Ilva. Ci mancava pure l’anima. Si pensava che un governo, per avere un senso, dovesse avere un programma e una maggioranza in Parlamento, e il Conte 2 li ha entrambi: il programma è un po’ vago, ma c’è; la maggioranza pure, litigiosa ma non più delle altre. Aveva promesso di evitare l’aumento dell’Iva, ci ha messo anima e corpo (anzi solo corpo) e l’ha fatto. Di tagliare un po’ il cuneo fiscale, cioè le tasse ai lavoratori e, sputando l’anima (anzi il corpo), l’ha fatto. Di segare 345 parlamentari e, senza che lo volesse anima viva (a parte i 5Stelle), l’ha fatto. In più ha aggiunto un pacchetto di misure per combattere l’evasione fiscale e ripulire l’ambiente (mai viste sotto i governi precedenti, quelli con l’anima, che l’evasione la condonavano e l’ambiente lo devastavano). È pure riuscito a risparmiarci i soliti fulmini e saette dall’Unione europea (che erano la norma, quando l’anima regnava sovrana a Palazzo Chigi). E ha finalmente cancellato quell’obbrobrio giuridico e morale chiamato “scudo penale” per i killer e gli avvelenatori dell’ex-Ilva di Taranto.
Il tutto in sessanta giorni sessanta, con una maggioranza raffazzonata in quattro e quattr’otto e con l’anima nera di Rignano sull’Arno che lavora per l’altro Matteo, sua anima gemella. Viste le radiose prospettive che si aprivano per l’Italia in agosto, quando Salvini rompeva l’anima per i pieni poteri ed era lì lì per agguantarli, parrebbe già qualcosa. Verrebbe da dire: all’anima! Però purtroppo a questo maledetto governo manca l’anima: forse non c’è stato tempo, forse non ci ha pensato nessuno, forse arriverà per Natale o per la Befana. Ma al momento non se ne intravede l’ombra neppure a cercarla col lanternino.
E questo è molto grave, lo riconosciamo, anche se una domanda ci sorge spontanea: ma perché le anime in pena repubblichine che pretendono nientepopodimenoché un’anima dal Conte 2 non l’avevano mai pretesa dai governi precedenti? La risposta può essere solo una: quelli precedenti un’anima ce l’avevano, ma erano bravissimi a nasconderla a tutti fuorché all’occhiuta redazione di Repubblica. L’alternativa è che al Conte2, appena nato in stato di necessità ed emergenza, si chieda ciò che non era mai stato chiesto agli altri. Ma ciò significherebbe che i neo-animisti sono animati da malafede e pregiudizio, e noi rifuggiamo da questi cattivi pensieri.
Dunque, vediamo. Gli ultimi governi della Prima Repubblica, quelli del Caf, un’anima ce l’avevano: quella de li mejo mortacci loro, per dirla alla francese, visto come ci hanno ridotti con le mazzette, le mafie e il debito pubblico. Poi venne B. e anche lui un’anima ce l’aveva: a guardarlo in controluce, nella sede forzista di via dell’Anima, s’intravedeva lo spirito di Al Capone (che però finì al gabbio, anziché mandarci il fratello e gli amici al posto suo). Sulle anime dei governi Dini, Prodi, D’Alema, Amato, Letta e Gentiloni, meglio sorvolare: non si faceva in tempo a cercarle che già erano caduti, però ai teologi di Repubblica piacevano un sacco. L’anima di Monti era più che altro un’imprecazione congiunta di operai, pensionati ed esodati. L’anima di Renzi, custodita nel tabernacolo del Nazareno, si alternava coi fantasmi danzanti di Verdini, Alfano e Lotti. Che apparivano a destra e a manca senza neppure il bisogno di un medium. Una notte l’anima di Luca visitò in sogno babbo Tiziano e i capi di Consip avvertendoli che erano intercettati. Un’altra volta lo spirito di Matteo apparve a De Benedetti e, anziché i numeri del Lotto, gli svelò il decreto Banche popolari, così l’indomani quello guadagnò 600 mila euro in Borsa.
Ora, purtroppo, c’è Conte che, non avendo un’anima, non può apparire a nessuno. Ma mettiamoci l’anima in pace: è questione di poco, poi renderà l’anima (che non ha) al Padreterno. E allora, per la gioia dei nostri animisti, toccherà a Salvini. Che è puro spirito. Di mojito.
Fonte: Il Fatto Quotidiano – L’editoriale di Marco Travaglio